Il Climax
Prima di descrivere dettagliatamente la vegetazione che caratterizza il Monte Ortobene è opportuno inquadrare, da un punto di vista fitoclimatologico, l’area in cui esso si inserisce.
L’Arrigoni, nel suo lavoro «Fitoclimatologia della Sardegna» (1968), include la stazione di Nuoro nel “Climax delle foreste di leccio”, e, in particolare, nell’«orizzonte mesofilo della foresta di Quercus ilex». La vegetazione, lasciata evolvere in modo naturale, tende a costituire comunità stabili che si conservano teoricamente in modo indefinito, senza modifiche significative, qualora le condizioni climatiche si mantengano più o meno costanti nel tempo.
La vegetazione, in un tempo più o meno lungo, raggiunge, quindi, un livello massimo di sviluppo, detto “climax”. La sequenza di comunità che si sostituiscono l’un l’altra in una data area viene detta “sere”; le comunità di transizione sono, quindi, chiamate “stadi serali” o “stadi di sviluppo” o “stadi pionieri” al termine dei quali vi è, appunto, il sistema finale stabile o climax. In realtà, “per una certa regione è conveniente distinguere un singolo climax climatico o regionale in equilibrio con il clima generale ed un certo numero di climax edafici o locali che sono stadi stazionari modificati, in equilibrio con le particolari condizioni locali del substrato. La successione termina in un climax edafico dove la topografia, il terreno, l’acqua e le perturbazioni periodiche, quali gli incendi, sono tali da impedire che lo sviluppo dell’ecosistema arrivi alla meta teorica” (Eugene P. Odum).
Ad esempio, stando allo studio realizzato dall’Arrigoni, le foreste di leccio avrebbero dovuto costituire la norma della vegetazione evoluta su gran parte dell’isola. In realtà, la vegetazione attuale è formata, per lo più, da fasi diverse dei processi di evoluzione-degradazione, per cui può tendere all’una od all’altra a seconda dei fattori che su di essa agiscono.
I tipi di Climax
In Sardegna, Arrigoni, procedendo in senso altitudinale dall’alto in basso e prescindendo dalle serie climax a determinante edafica, ha individuato tre tipi di “climax climatici”, ossia livelli maturi di vegetazione correlati col clima, ossia:
- il «climax degli arbusti montani prostrati e delle steppe montane mediterranee»;
- il «climax delle foreste di leccio», suddiviso nell ‘orizzonte freddo umido delle foreste montane di Quercus ilex e Quercus pubescens con elementi relitti dei cingoli e Quercus-Tilia-Acer e Laurocerasus e nell ‘orizzonte mesofilo della foresta di Q.ilex;
- il «climax termoxerofilo delle foreste miste di sclerofille e delle macchie costiere», suddiviso nell ‘orizzonte delle foreste miste di sclerofille sempreverdi e nell ‘orizzonte delle boscaglie e delle macchie litoranee.
Gli orizzonti corrispondono a variazioni minori del clima il cui effetto sulla vegetazione consiste in un’azione selezionatrice su una parte degli elementi flogistici, con ripercussioni soprattutto sulla composizione e la struttura delle serie climax.
L’area di Nuoro, come già detto, è stata inclusa nell’orizzonte mesofilo della foresta di Q.ilex, caratterizzato da boschi chiusi di Q.ilex con penetrazione più o meno isolata di boschi semiaperti di Q.pubescens. Vi è, inoltre, la presenza di boschi di Quercus suber e di tipi di degradazione caratteristici delle foreste del cingolo a Q.ilex, cioè macchie e pascoli terofitici.
L’area di Nuoro
L’area di Nuoro, come già detto, è stata inclusa nell’orizzonte mesofilo della foresta di Q.ilex, caratterizzato da boschi chiusi di Q.ilex con penetrazione più o meno isolata di boschi semiaperti di Q.pubescens. Vi è, inoltre, la presenza di boschi di Quercus suber e di tipi di degradazione caratteristici delle foreste del cingolo a Q.ilex, cioè macchie e pascoli terofitici. È una vegetazione tipica, tra le altre, delle montagne medie e delle zone collinari interne della Sardegna settentrionale e centrale, legata ad un clima tipicamente bistagionale con inverno moderatamente freddo, subumido, con discreto surplus idrico ed estate calda con ampio deficit idrico.
Un periodo freddo di 2-4 mesi, con media dei minimi annui sempre intorno a -4°C, si alterna ad un periodo arido maggiore di tre mesi, con media del mese più caldo generalmente superiore a 23-24°C e media massima dello stesso mese intorno ai 30°C.
Le indicatrici climatiche
Le indicatrici climatiche, ovvero le specie tipiche della serie climax delle foreste di leccio sono: Viburnum tinus L., Ruscus aculeatus L., Rubia peregrina L., Phillyrea latifoglia L., Smilax aspera L.. Saltuariamente, soprattutto nelle zone più umide, si possono riscontrare elementi dell’orizzonte freddo umido delle foreste montane di Q.ilex e Q.pubescens con elementi relitti dei cingoli a Quercus-Tilia-Acer e Laurocerasus, quali, ad esempio, l’Ilex aquifolium L..
Si può riscontrare, inoltre, la presenza di elementi dell’orizzonte delle foreste miste di sclerofille sempreverdi, presenti laddove il climax delle foreste di leccio è praticamente scomparso da tempi remoti per l’azione antropica od è ridotto a cedui misti di sclerofille od a macchie di degradazione. Rhamnus alaternus L., Nerium oleander L., Phillyrea angustifolia L., Artemisia arborescens L., Calicotome villosa (Poiret)Lk., Pistacia lentiscus L., Olea europea L. var. sylvestris Brot., ne sono un esempio. Infine, alle quote più basse, maggiormente soggette all’influenza termoregolatrice del mare, si presentano anche elementi dell’orizzonte delle boscaglie e delle macchie litoranee, quale Euphorbia dendroides L..
In uno studio dettagliato, effettuato tra il 1951 ed il 1956, il prof. Fernando Rovinetti ha analizzato specificatamente la vegetazione del M.te Ortobene, basandosi sul «metodo fitosociologico» di Braun-Blanquet (1934), che si fonda sul concetto di “associazione”. Questa è un “aggruppamento vegetale in equilibrio con l’ambiente, all’interno del quale vi è una composizione flogistica determinata in cui certi elementi esclusivi (specie caratteristiche) rivelano con la loro presenza ed abbondanza un’ecologia particolare ed autonoma”.