La presentazione del bozzetto

In diverse parti d’Italia la maggior parte dei «Ricordi» furono eseguiti in grandi croci di ghisa e qualcuno in simulacro di pietra e di travertino.

Per il progetto del Monte Ortobene la «scelta cadde su di un giovane calabrese, allora residente a Napoli, già noto per altre opere monumentali, civili e religiose, e di cui se ne sentiva l’apostolica missione, specialmente nelle difficili espressioni d’arte mistica nella quale divenne maestro novatore ed insuperabile:

VINCENZO JERACE

Invitato dal Comitato nuorese invece della consueta Croce a simbolo decorativo, egli presentò il bozzetto d’una statua la cui tecnica arditissima e concezione riscossero l’unanime entusiasmo in tutti i ceti di cittadini che si recavano ad ammirare il bozzetto medesimo in gesso, esposto nella Cattedrale di S. Maria della Neve.
L’opera incarnava tangibilmente i bisogni etici, spirituali e religiosi più profondi ed più urgenti dell’anima sarda. L’autore non badando affatto ai mezzi ristretti cui poteva disporre il Comitato, progettò la Statua in bronzo per sfidare i secoli ed alta sette metri, perché venisse veduta e nelle sue migliori proporzioni venerata, non solo dalla Barbagia ma anche dall’intera regione, dai più lontani casolari sparsi sul Gennargentu e dalle immense pianure della Sardegna.

Questa larga sintesi ideale che costituiva il nucleo animatore del programma Leoniano e del Comitato nuorese, aspirava a trasformare un covo di delittuose vendette fratricide e di assassini, che la giustizia umana spesso non riusciva a punire, in un Santuario di amore e di preghiere purificatrici delle passioni inveterate e sopite nel cuore umano e tramandate di famiglia in famiglia, quasi come un titolo nobiliare.
Questo annoso formidabile problema di profonda bellezza civilizzatrice, intuito e trasfuso nel bozzetto dell’autore ardimentoso, ispirò subito uno stuolo di letterati e poeti traducendo in versi canori tutta l’onda di vita nuova che il bozzetto arrecava al progresso civico ed etico del popolo sardo».

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