La difficile realizzazione dell'opera

La realizzazione del Monumento non fu certamente facile: «lo scultore Jerace aveva affrontato e risolto il complesso etico-sociale; ma gli restava ancora da risolvere un ben più arduo e quasi insormontabile quesito: quello abissale del volto di Gesù tradotto nella sua reale proporzione di circa un metro.
Quanti grandi maestri del passato si erano cimentati a superare quel baratro?

L’artista si sgomentò annichilito del vasto problema che doveva pure affrontare e che risolutamente affrontò.

Non si possono descrivere la lotta, gli scoramenti, i dubbi e le delusioni che per sei lunghi mesi egli sofferse e sostenne in silenziosa perseveranza.
La statua era ormai al completo ma il volto fatto, rifatto, non dava mai quella espressione ideale che gli balenava fulgidissima nelTascesi dell’anima, e, sfinito dal lavoro incessante e tormentoso, abbandonò il lavoro e per diverso tempo non lo toccò più.
Ma il giorno dell’Ascensione tornò nell’ampio studio: e, salito sul vertice della grande scala di legno, impugnato il pesante mazzolo di quercia, tempestò la fredda argilla di colpi e colpi, e con tale fulminea violenza, che, dopo mezz’ora di spasmodica pugna, si sentì esaurito, e sceso a terra rialzò lo sguardo, ed estatico, come chi si sveglia da un sogno sovrumano, vide che la sua fede aveva superato la impenetrabilità della materia e le forze debolissime dell’umano ingegno, aveva constatato che in quella massa di creta qualche cosa di afflato spirituale, di fluido arcano era stato trasfuso dalle sue mani febbricitanti nella repellente e sorda materia.
La tempesta era sedata.
Il prodigio miracoloso si era finalmente compiuto; e l’artista, rasserenato e placato, da quel momento non affondò più le sue dita nella creta.

Il volto del Nazzareno così trasfigurato sprigionava un lieve senso di quella divinità umanizzata che da anni lo scultore aveva carezzato nei suoi sogni; e ciò avveniva non per forza di studio e di talento, ma di quella fede ardente che negli ostacoli nè fa esca maggiore a superarli, vincerli, per raggiungere la celestiale meta.

All’esito di un così insperato evento e quanto felice avvento presidiava in segreto una pia, un’eletta creatura, che, fatto proprio il conflitto in cui si dibatteva l’anima sarda, orava notte e giorno, fervidamente, perché , il perverso destino scomparisse e attraverso l’opera d’arte, trionfasse la redenzione recata da Gesù nel segnacolo della Croce inalberato sull’Ortobene».

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