il problema dell'eolico in sardegna

Data di pubblicazione: 7/10/2022 – Aggiornamento: 2024

Premessa

Premesso che, in un mondo sempre più in evoluzione, le fonti rinnovabili sono l’unica vera scelta perseguibile sia per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico, sia per quanto concerne il raggiungimento dell’indipendenza energetica. Per evitare un qualsiasi tipo di fraintendimento o strumentalizzazione invitiamo alla lettura dell’intero articolo.

Il contesto Sardo

Il paesaggio della Sardegna presenta peculiarità molto varie e articolate, difficilmente riconducibili a unicità e omogeneità. L’unico elemento di omogeneità riscontrabile nel paesaggio sardo è infatti “la diversità“. Per questo si sente dire spesso che “La Sardegna è quasi un continente”, un modo di dire eloquente che rispecchia in pieno la grande diversificazione del paesaggio sardo, caratteristica che può variare anche su brevi distanze e che è profondamente legata alla storia geologica dell’Isola e all’insularità che ne accresce bellezza e particolarità.

Ciao Sardegna! Mare e montagne, foreste, pianure, coste e spiagge. Per la grande varietà dei suoi bellissimi paesaggi ed ecosistemi c’è chi considera la Sardegna un ‘micro-continente’” – Samantha Cristoforetti (astronauta italiana, prima donna europea comandante della Stazione spaziale internazionale).

Non manca poi di certo la realtà storica e archeologica, ricordiamo infatti che la Sardegna vanta un primato mondiale, ossia la più alta densità di monumenti archeologici del mondo.

Il paesaggio culturale in Sardegna è un elemento di così tanta importanza da aver spinto una mozione per poterlo inserire tra i patrimoni dell’Unesco quale “museo aperto”.

Teniamo poi in considerazione la flora, caratterizzata da tantissimi endemismi, ossia specie vegetali che crescono esclusivamente in Sardegna. E ovviamente la fauna, anch’essa contraddistinta dalla presenza di diversi endemismi e animali a rischio estinzione. Le specie di uccelli poi, sia che abbiano una presenza stanziale, irregolare, od accidentale: sono circa 340, cifra che corrisponde al 74% dell’intera avifauna italiana, un dato da tenere in considerazione assolutamente.

Insomma, la Sardegna è un piccolo paradiso terrestre unico in tutto il mondo, da difendere, tutelare e valorizzare.

La Sardegna produce più di quanto consuma

Per quanto concerne l’energia elettrica, la Sardegna mediamente produce circa 12mila GWh a fronte dei consumi netti pari a 8mila GWh annui. Questo vuol dire che la produzione netta di energia elettrica generata sul territorio regionale è maggiore del 40% del fabbisogno netto isolano. Oltre il 40% dell’energia prodotta in Sardegna in gran parte dei casi viene esportata. (Stima consumi elettrici. Fonte: Regione Autonoma della Sardegna).

Marche, Veneto e Umbria sono le regioni che richiedono maggior energia elettrica rispetto a quanto producono. 

Calabria, Valle d’Aosta, Puglia, Molise, Sardegna, Basilicata e Trentino Alto Adige  sono le regioni con Superi (Surplus +) della produzione rispetto alla richiesta.

Produzione e Consumi – Energia Elettrica

Terna: Statistiche Regionali 2022

Il paradosso: le bollette più alte d'Italia

Dall’indagine dell’Osservatorio sull’energia che analizza a livello regionale l’evoluzione dei costi delle bollette per le famiglie, nel 2017 la bolletta media della luce per una famiglia sarda era di 518€ contro una media nazionale di 432€, il dato più alto. La Sardegna, quindi, produce energia elettrica più di quanto gliene serva ma i cittadini pagano più del resto d’Italia, in quanto il prezzo segue l’andamento dei consumi e non la produzione energetica elettrica locale.

(PUN – Prezzo Unico Nazionale) I dati riportati chiariscono che l’andamento della spesa per l’energia elettrica segue i consumi e non la produzione generata nel territorio regionale.

Energia da fonti Fossili

È fondamentale considerare che l’attuale produzione di energia elettrica in Sardegna proviene da una combinazione di fonti, che include sia fonti rinnovabili che non. È degno di nota il fatto che una significativa porzione di tale produzione sia attribuibile alle centrali a carbone

In percentuale, la Sardegna produce circa il 33% dell’energia da fonti rinnovabili e ben il restante 67% da fonti fossili.

ATTENZIONE però, questo dato va attentamente contestualizzato

La Sardegna presenta un surplus energetico superiore al 40%, che viene esportato per soddisfare il fabbisogno di altre regioni italiane. Ciò significa che una parte della produzione da fonti fossili non è destinata al consumo locale, ma viene utilizzata da altre regioni. Attribuire le emissioni di gas serra derivanti da queste produzioni esclusivamente alla Sardegna, senza considerare il beneficio che ne traggono altre regioni, può risultare fuorviante, soprattutto tenendo conto della bassa densità demografica dell’isola.

Già nel 2015, il rapporto di Terna – Rete Elettrica Nazionale evidenziava che le fonti rinnovabili coprivano il 43% dei consumi elettrici in Sardegna. Dal 2015 ad oggi (2022) il numero di impianti eolici è quasi duplicato, passando da 325 (che rappresentava l’11% della potenza installata nazionale) a 612; gli impianti solari sono passati da 32.900 a 47.846, mentre uno degli impianti termoelettrici dell’isola è stato chiuso.

La Sardegna ha già subito un notevole sfruttamento in passato nel settore energetico, come evidenziato dal fatto che su tutto il territorio italiano sono attive sette centrali a carbone, di cui due si trovano proprio in Sardegna. Ossia più di un quarto. Le due centrali a carbone sono una a Fiume Santo e l’altra a Portoscuso.
Per tanto, non si tratta di una contrarietà posta a priori ma, al contrario, porre una particolare attenzione alle nuove richieste di progetti eolici, e non solo, ha il primario obiettivo di evitare la nascita di una nuova servitù oppressiva che si aggiungerebbe a quelle già esistenti. 

Tutte le regioni devono concorrere alla produzione energetica nazionale.

Sources (Terna, statistiche regionali: Clicca qui)

L'idroelettrico

Per quanto riguarda le rinnovabili, oltre a eolico e solare, ha una notevole importanza, non solo in ambito energetico, anche l’idroelettrico. La produzione di energia tramite l’idroelettrico è, almeno per il momento, il sistema più economico. Una volta conclusi gli investimenti necessari per la creazione delle dighe, degli impianti e delle opere di manutenzione, le precipitazioni di pioggia e di neve assicurano, infatti, la completa gratuità e la continua disponibilità della materia prima. Le dighe, tra l’altro, regolano il flusso dell’acqua impedendo inondazioni. La Sardegna ha sempre sofferto il problema della siccità, con razionamenti costanti dell’acqua nei periodi più caldi dell’anno. Oggi invece la presenza di ben 38 invasi artificiali è conditio sine qua non per la sopravvivenza di agricoltura, industria, servizi, acquedotti civili. Invasi interconnessi che permettono di far arrivare la risorsa anche nei bacini dei territori dove non piove.

Burden Sharing: Nuovi obiettivi di potenza, ma senza limiti

Il Decreto Ministeriale n.153 del 2 luglio 2024 (attuativo del D.Lgs. 199/2021, in recepimento della direttiva RED II), stabilisce gli obiettivi minimi di potenza rinnovabile aggiuntiva che ciascuna regione è chiamata a raggiungere entro il 2030, per contribuire al conseguimento dei target nazionali ed europei di decarbonizzazione. La “Tabella A” del decreto assegna alla Sardegna un obiettivo di almeno 6,2 GW di nuova potenza rinnovabile.

  • Obiettivo Minimo, non Massimo: Il decreto fissa un target minimo, non un limite massimo invalicabile. La potenza installata può superare tale obiettivo.
  • Potenza Aggiuntiva: I 6,2 GW si riferiscono alla potenza aggiuntiva rispetto a quella già installata al 31 dicembre 2020. Non è un limite alla potenza totale installabile.
La normativa italiana non prevede un limite massimo alla potenza rinnovabile installabile, salvo vincoli tecnici legati alla rete elettrica. Questa scelta sarebbe motivata dall’intento di favorire la massima diffusione delle fonti rinnovabili, considerando inoltre l’evoluzione tecnologica e l’elettrificazione di settori energivori. Tuttavia, in Sardegna, l’assenza di un tetto massimo appare decisamente problematica a causa dell’elevata pressione di richieste, dello squilibrio tra produzione e consumi locali e dei rischi di speculazione e infiltrazioni criminali già segnalati dalle autorità competenti quali DIA, Guardia di Finanza, UIF, Banca d’Italia ecc. Le normative sono soggette a periodici aggiornamenti e modifiche; pertanto, l’introduzione di un limite massimo attuale, non costituirebbe un ostacolo insormontabile, ma piuttosto un presidio di reale sostenibilità e legalità.
 

Oltre a non esistere un limite massimo di potenza installabile, non esiste neanche un limite percentuale massimo di territorio sardo da destinare ad installazioni rinnovabili (come invece accade negli altri stati europei).

Inoltre, i dati impressionanti forniti da Terna, indicano che attualmente ci sono richieste di connessioni nell’isola per ben 58 GW. Per comprendere quanto questa cifra sia spropositata, basti pensare che la potenza da fonte rinnovabile installata dell’intera Francia è di circa 20 GW, in Portogallo di circa 40 GW.

Si può discutere sul fatto che la Sardegna possa produrre anche una quantità leggermente superiore rispetto al proprio fabbisogno. Tuttavia, stabilire un tetto minimo di tale portata e non fornire alcun tetto massimo, appare decisamente irragionevole.

Sources (Obiettivi di potenza aggiuntiva: Clicca qui)

La Speculazione Energetica: una definizione

Il termine speculazione ha origine dal latino “speculatio“, che significa “esplorazione” o “indagine“, richiamando l’idea di osservare e prevedere eventi futuri. In ambito economico, generalmente esso denota l’attività di acquisire un bene con l’aspettativa di rivenderlo successivamente a un prezzo più alto, o, al contrario, di vendere un bene con l’intento di riacquistarlo a un prezzo inferiore. Tuttavia, il termine assume sfumature diverse a seconda del contesto in cui è utilizzato. Nel contesto attuale, il termine è prevalentemente impiegato nella sua accezione negativa, riferendosi a pratiche commerciali giudicate aggressive, opportunistiche e potenzialmente lesive per altri attori del mercato. In questa prospettiva, il termine è spesso associato a comportamenti finalizzati all’ottenimento di profitti senza una reale creazione di valore, risultando in operazioni che privilegiano il guadagno individuale a scapito del benessere collettivo e dell’equilibrio del mercato.

L'assalto dell'eolico in Sardegna

La Sardegna si distingue attualmente per una delle produzioni più rilevanti a livello nazionale di energia derivante da fonte eolica. Tuttavia, nonostante questo significativo contributo energetico, si registra un incremento esponenziale di richieste di nuove connessioni per impianti e parchi eolici, il cui numero appare eccessivo e spropositato.

I dati ufficiali forniti dalla Regione Autonoma della Sardegna segnalano la presentazione di circa 800 progetti, con un trend di crescita costante. Particolarmente significativa è la mappa delle nuove richieste di connessioni, fornita direttamente da Terna S.p.A. – Rete Elettrica Nazionale e pubblicata sul sito web istituzionale, che evidenzia la portata di tale fenomeno.

Mappa delle richieste di connessioni rinnovabili da fonte Eolica

Anche se le richieste di connessione non garantiscono automaticamente l’approvazione degli impianti (l’iter autorizzativo è complesso e coinvolge diversi enti), la presentazione di centinaia di domande dovute ad un fenomeno anormale, crea un sovraccarico diretto per gli enti di valutazione. Se infatti è vero che una richiesta non viene automaticamente approvata, è altrettanto vero che non viene automaticamente respinta. In assenza di gare d’appalto pubbliche e criteri adeguati, progetti irrealistici e inammissibili sono presentati allo stesso modo di quelli che rispettano tutti i criteri necessari.

Di fronte a questo fenomeno, Terna stessa, il gestore della rete di trasmissione nazionale, e ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) sono intervenuti per cercare di regolamentare il flusso eccessivo di richieste. Terna dal 2025 introdurrà nuove regole per cercare di limitare le richieste di connessione, soprattutto quelle puramente speculative, che non sono seguite da una reale costruzione degli impianti. ARERA ha introdotto il TIDE (Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico), un insieme di norme volte a cercare di modernizzare la gestione della rete elettrica nazionale. La Delibera ARERA 99/2023/R/eel ha modificato retroattivamente i requisiti per gli impianti, obbligando gli operatori a rivedere gli ordini con i fornitori.

A riprova di una situazione sempre più ingestibile vi è l’aumento dei contenziosi: Il Ministero dell’Ambiente non sta riuscendo ad esaminare i progetti nei tempi di legge. Stanno quindi aumentando i contenziosi tra società energetiche e ministero. “È una situazione di notevole attivismo da parte del mondo imprenditoriale, con la presentazione di un enorme numero di progetti in corso di valutazione o in attesa di essere valutati”, lo affermano accoratamente lo stesso ministero e l’avvocatura dello stato negli atti difensivi dei vari contenziosi instaurati da società che pretendono risposte definitive entro i termini di legge, pena risarcimenti dei danni patiti e patiendi.

Richieste di connessione per l'Eolico Offshore

In Sardegna sono stati presentati numerosi progetti per la realizzazione di parchi eolici offshore (in mare), con un numero complessivo particolarmente elevato. Si tratta di centinaia di aerogeneratori, ciascuno con un’altezza superiore ai 270 metri, un dato che equivale alla presenza in mare di una fitta schiera di strutture paragonabili a grattacieli di 90 piani.

Tali progetti necessitano di adeguate valutazioni in quanto, estendendosi per svariati chilometri lungo le coste sarde, potrebbero determinare un’alterazione irreversibile degli equilibri dell’ecosistema marino, con ripercussioni sulla flora e sulla fauna locali, oltre a incidere significativamente sul paesaggio naturale che caratterizza la Sardegna.

Ogni aerogeneratore infatti, avrà un’altezza superiore a quella della Torre di Pisa e sarà circa il doppio della ruota panoramica di Londra. L’iconico paesaggio sardo, apprezzato in tutto il mondo e elemento distintivo dell’isola, rischia di subire un’alterazione irreversibile.

Possibile panorama dal belvedere del Monte Ortobene

Cittadini, enti, ricercatori, visitatori, liberi professionisti e operatori economici che operano in settori in cui il paesaggio e l’ambiente marino rivestono un ruolo fondamentale, potrebbero essere esposti a conseguenze negative imprevedibili e non adeguatamente analizzate nei progetti presentati.

Ricordiamo che la tutela del paesaggio e dell’ambiente rientra tra i principi fondamentali della costituzione della repubblica italiana.

All’Articolo 9:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”

Sul problema di una vera e propria sostituzione paesaggistica della Sardegna è intervenuta anche la Soprintendenza Speciale per il PNRR, che in diverse note sui progetti eolici, ha evidenziato in modo chiaro e netto: 

nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).

E ancora: “si deve qui ulteriormente osservare che nel frattempo sono ulteriormente aumentati i progetti di impianti FER da fonte eolica in fase di VIA di competenza statale nel medesimo areale, tanto da configurarsi la concreta possibilità che il relativo paesaggio e contesto di giacenza del patrimonio culturale sia sostanzialmente sostituito da uno a specifico carattere industriale, costituito da strutture di altezza pari anche a 200m, risultando per questo sovrastanti a qualsiasi altra struttura naturale o storicamente costituitasi per l’uso del medesimo territorio (come testimoniato dai beni archeologici ed architettonici presenti) e per questo anche oggetto di tutela da parte del Piano paesaggistico regionale.” (parere della Sopr. PNRR prot. n. 0037448 del 27 febbraio 2024)

Eolico Offshore in Italia: tra sviluppo rinnovabile e vuoti normativi
Il Decreto Legislativo 199/2021, attuativo della direttiva RED II sulle energie rinnovabili, ha introdotto importanti novità per la realizzazione di impianti eolici offshore in Italia. Se da un lato si mira ad accelerare la transizione energetica, dall’altro emergono criticità e dubbi sulla reale efficacia e sostenibilità del modello delineato, soprattutto in relazione alla pianificazione, alla tutela del paesaggio e al ruolo del soggetto proponente.

Piani di Gestione dello Spazio Marittimo: un’assenza pesante
Il D.Lgs. 199/2021 (art. 23, comma 2) demanda l’individuazione delle aree idonee per l’eolico offshore ai Piani di Gestione dello Spazio Marittimo (PSM). Tuttavia, questi piani, previsti dal D.Lgs. 201/2016, sono ancora in grave ritardo. La stessa Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia (maggio 2024) per la mancata comunicazione dei PSM. Questa lacuna normativa genera incertezza e rischia di compromettere una localizzazione ottimale degli impianti, basata su una valutazione complessiva degli interessi in gioco (ambientali, paesaggistici, economici, sociali).
Inoltre pare assurdo che, allo stato dell’arte, la competenza sia affidata al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, una scelta quantomeno inopportuna.

Aree “Idonee Nelle More”: una soluzione tampone?
In assenza dei PSM, il D.Lgs. 199/2021 (art. 23, comma 3) individua come “aree idonee nelle more” le piattaforme petrolifere dismesse, le aree portuali ecc. Sebbene questa soluzione possa sembrare un modo per sbloccare gli investimenti, solleva perplessità sulla sua adeguatezza a garantire una tutela effettiva dell’ambiente marino e costiero.

Semplificazioni: accelerazione o rischio?
Il decreto legislativo prevede, per gli impianti in aree idonee, una riduzione di un terzo dei termini procedurali e un parere paesaggistico obbligatorio ma non vincolante. Se l’obiettivo di accelerare le autorizzazioni è condivisibile, la scelta di depotenziare il ruolo della tutela paesaggistica (sancita dalla Costituzione) suscita preoccupazioni. Il rischio è che la rapidità delle procedure vada a scapito di una valutazione approfondita degli impatti, soprattutto in un contesto, come quello marino e costiero italiano, di eccezionale valore.

Il Ruolo del Proponente: Iniziativa privata o pianificazione pubblica?
Un aspetto centrale, e potenzialmente critico, del modello delineato dal D.Lgs. 199/2021 è il ruolo preponderante del soggetto proponente. È quest’ultimo, infatti, a individuare l’area di interesse, a scegliere la tecnologia, a commissionare gli studi di impatto (SIA) e a presentare il progetto. Le pubbliche amministrazioni (MASE, Ministero delle Infrastrutture, ecc.) intervengono in una fase successiva, per valutare e autorizzare (o meno) il progetto.
Questa impostazione solleva diversi interrogativi:

  • Conflitto di interessi: Come garantire l’obiettività e l’indipendenza degli studi di impatto se questi sono commissionati e pagati dallo stesso soggetto che ha interesse a realizzare l’impianto?
  • Assenza di concorrenza: L’individuazione del sito e la proposta progettuale non sono soggette ad alcun meccanismo concorrenziale ex ante. La concorrenza, semmai, si manifesta ex post, in sede di eventuali aste per gli incentivi, ma questo non incide sulla scelta localizzativa e tecnologica.
  • Concessione demaniale marittima: A differenza degli impianti a terra, per l’offshore è necessaria una concessione demaniale marittima (D.Lgs 387/2003 art 12). Una differenza sostanziale e un caso molto particolare che se non gestito adeguatamente potrebbe creare non pochi precedenti pericolosi.

Un Modello da Rivedere?
In conclusione, il quadro normativo attuale per l’eolico offshore in Italia, pur mirando a semplificare e accelerare le procedure, presenta criticità che rischiano di compromettere una pianificazione strategica, una valutazione obiettiva degli impatti e un’equa distribuzione dei benefici.
Sarebbe auspicabile un modello in cui:

  • Pianificazione pubblica ex ante: L’individuazione della località marina deve avvenire attraverso un processo di pianificazione pubblica trasparente, partecipato e basato su criteri oggettivi, scientifici e ambientali. Con un adeguato coinvolgimento delle comunità locali e degli stakeholders.
  • Studi di impatto indipendenti: Gli studi di impatto dovrebbero essere condotti e valutati dai nostri enti preposti (non commissionati da società private) per garantire l’obiettività e la completezza delle valutazioni soprattutto per un’infrastruttura di pubblica utilità.
  • Concorrenza e trasparenza: L’assegnazione delle concessioni demaniali marittime dovrebbe avvenire attraverso procedure competitive (es. gare d’appalto), garantendo la massima trasparenza.

Danni ed impatti non trascurabili

Oltre ai progetti eolici offshore, anche quelli previsti sulla terraferma presentano un impatto rilevante e non trascurabile. Le basi degli aerogeneratori determinano trasformazioni significative, spesso irreversibili, sul territorio: richiedono volumi ingenti di cemento armato e cavi d’acciaio di grande spessore, con conseguente alterazione significativa del suolo. Per le turbine da 7-8 MW, le fondazioni possono richiedere oltre 1.000 m³ di calcestruzzo e tra 120 e 150 tonnellate di acciaio, con effetti rilevanti sulla stabilità e sulla composizione del terreno.

Sources (Fondazioni lamellari in calcestruzzo per turbine eoliche: Clicca qui) (Altri documenti: Link 1; Link 2)

[Centinaia di basamenti di questo tipo possono comportare una trasformazione radicale del paesaggio rurale caratteristico]

[Decine di chilometri di scavi per il cavidotto]

[Trasporto pale eoliche, ognuna lunga come un palazzo di 18 piani]

La realizzazione di questi progetti comporterebbe cambiamenti spesso irreversibili, con effetti destinati a protrarsi per decenni. Le concessioni per questi impianti, estendendosi per lunghi periodi e potendo essere rinnovate, implicherebbero che le future generazioni non avrebbero modo di conoscere il territorio nella sua configurazione originaria.

Molte strade e aree dell’isola non risultano idonee al trasporto di queste imponenti strutture. Di conseguenza, oltre all’esproprio dei terreni adiacenti, si rende necessaria la rimozione di alberi, muretti a secco e altri elementi del paesaggio tradizionale che potrebbero ostacolare il passaggio delle pale eoliche.

Esempio tratto dal progetto di Bessude in provincia di Sassari: (Documento originale in PDF: Clicca qui)

[Taglio degli alberi e rimozione dei muretti a secco per il passaggio delle pale eoliche]

Si segnalano inoltre impianti collocati in prossimità immediata, e in alcuni casi persino sopra, siti archeologici di grande rilevanza storica (tra cui nuraghi, tombe dei giganti, dolmen e domus de janas). Un caso emblematico è quello del comune di Luras, dove ai piedi di un aerogeneratore è stata individuata una Tomba dei Giganti di epoca nuragica, mettendo a rischio, a causa degli scavi per l’installazione dell’impianto, la conservazione sia della tomba che del suo circolo megalitico.

Vi sono inoltre progetti che interessano aree attraversate da rotte migratorie di primaria importanza per l’avifauna, così come richieste di impianti localizzati in prossimità immediata o all’interno di zone di protezione speciale (ZPS), siti di interesse comunitario (SIC) e altre aree tutelate per il loro valore ambientale.

L’eolico e il problema degli incendi in Sardegna

La Sardegna da anni fronteggia il grave problema degli incendi estivi, che ogni anno devastano vaste aree del territorio, compromettendo ecosistemi di inestimabile valore, distruggendo campagne e allevamenti e mettendo a rischio la sicurezza della popolazione. A questa lotta continua contro i roghi boschivi si affianca oggi una nuova e preoccupante criticità: la presenza di un parco eolico.

Nella vicinanza degli aerogeneratori, infatti, non possono operare mezzi aerei come i Canadair, che hanno un ruolo essenziale nell’arginare le fiamme, specie negli incendi boschivi.

Lo chiarisce in modo inequivocabile un documento della Regione SardegnaCriticità inerenti le complesse operazioni di spegnimento degli incendi boschivi. La presenza degli aerogeneratori costituirebbe un ostacolo alla navigazione, sui corridoi di approccio alle fiamme, dei mezzi aerei ad ala fissa, influendo negativamente sull’efficacia degli interventi di spegnimento e potrebbe addirittura escluderlo. La stessa problematica riguarda l’utilizzo dei mezzi ad ala rotante in particolare nelle fasi di spegnimento e di approvvigionamento idrico.

Problemi non solo nello spegnimento ma anche nell’approvvigionamento idrico dei mezzi.

Se davvero si dovesse realizzare la situazione speculativa in atto, con la costruzione di migliaia di pale eoliche in tutta l’isola, comprese le zone più suggestive della Sardegna, nelle aree boscate e zone di protezione speciale, sarebbe un ulteriore grosso problema.

Sources (Documento PDF della Regione Sardegna: Clicca qui) (L’incendio ad Aggius: Clicca qui)

Difficoltà di smaltimento

Le turbine eoliche sono progettate per una durata operativa di circa 25 anni. Ma cosa succede quando raggiungono la fine del loro ciclo di vita? Le pale, composte da materiali non biodegradabili come resine e fibre di vetro o carbonio, rappresentano una sfida complessa in termini di riciclo e gestione dei rifiuti. Inoltre, le fondamenta, costituite da imponenti blocchi di cemento armato e tonnellate di acciaio, pongono ulteriori criticità, sia per la loro rimozione che per il ripristino del suolo, con conseguenze potenzialmente irreversibili per l’ambiente.

Le pale delle turbine eoliche, per via della loro complessa composizione in resine e fibre composite, possono essere riciclate o riutilizzate solo parzialmente, sebbene negli ultimi anni siano stati compiuti progressi significativi in questo ambito. Tuttavia, a oggi, una parte considerevole di queste strutture, a causa delle difficoltà legate al loro smaltimento, viene conferita in discarica. In Europa, solo quattro Paesi — Germania, Austria, Paesi Bassi e Finlandia — ne hanno vietato il deposito. Ciò non solo comporta un ingente consumo di spazio, ma solleva anche rilevanti problematiche ambientali, poiché le pale, impiegando secoli per degradarsi, rilasciano nel tempo sostanze inquinanti.

Le fondamenta delle turbine eoliche, costituite da massicci blocchi di cemento armato, pongono un’altra sfida considerevole. Il processo di rimozione è oneroso e richiede molto tempo, spesso comportando danni irreparabili al territorio circostante. In alcuni casi, infatti, in parchi eolici dismessi, i basamenti sono stati sotterrati e lasciati in loco. Inoltre, il cemento armato è difficile da riciclare, il che implica che queste strutture, una volta abbandonate, possano compromettere in modo significativo la qualità del suolo, con conseguenze potenzialmente a lungo termine per l’ambiente.

[Discarica di pale eoliche USA]
E durante il loro ciclo di vita?

Un recente studio condotto dall’Agenzia Norvegese per la Protezione Ambientale (Green Warriors of Norway / Norges Miljøvernforbund – NMF), inviato all’ECHA European Chemicals Agency, ha sollevato preoccupazioni riguardo a un aspetto finora trascurato nella valutazione del ciclo di vita delle pale eoliche. Queste strutture, composte principalmente da fibre di vetro e resine, contengono quantità significative di Bisfenolo A (BPA), una sostanza chimica classificata come pericolosa. Sebbene in passato si ritenesse che il rilascio di questa molecola nell’ambiente avvenisse rapidamente e senza conseguenze gravi, le nuove ricerche hanno dimostrato un fenomeno allarmante:

Le pale eoliche, esposte a condizioni atmosferiche estreme, specialmente in ambiente marino, rilasciano microplastiche sotto forma di particelle o filamenti che inglobano il “Bisfenolo A“. Contrariamente alle aspettative, queste microplastiche non permettono un rapido degrado della sostanza chimica, ma agiscono come uno scudo protettivo che la mantiene intatta. Le particelle di microplastica finiscono così nell’ecosistema, in particolare negli oceani, trasportando al loro interno il “Bisfenolo A” in un vero e proprio “effetto cavallo di Troia”.

Una volta entrato nella catena alimentare attraverso il plancton e i pesci di piccole dimensioni, il “Bisfenolo A” viene rilasciato dalle microplastiche ingerite a causa dell’azione degli acidi digestivi, penetrando così negli organismi attraverso l’apparato digerente. Uno studio preliminare condotto sulla trota iridea ha evidenziato che questa sostanza può causare danni genetici che si trasmettono per diverse generazioni, compromettendo soprattutto la capacità riproduttiva degli esemplari esposti.

Le pale delle turbine eoliche rilasciano da 0,5 a 2,5 grammi di bisfenolo puro (BPA) all’anno. Calcolato su una durata di 20 anni, ciò equivale alla distruzione di 100-500 milioni di litri di acqua per turbina. Non proprio trascurabile in quanto questo finisce nel regime alimentare e anche nel flusso sanguigno. Ma anche questa cifra è probabilmente una sottostima, data la reputazione dell’industria eolica.

Evidenziare questi aspetti non vuol dire essere contrari all’eolico, esistono fonti di energia molto più inquinanti. Tuttavia non si può risolvere un problema creandone uno nuovo. Gli impianti eolici devono essere fatti nei luoghi opportuni, distanti sia dagli ambienti ricchi di ecosistemi e biodiversità che dalle aree paesaggistiche più suggestive, considerando l’importante impatto ambientale che hanno queste strutture.

Sources: ECHA (Agenzia Chimica Europea) e Agenzia Norvegese per la Protezione Ambientale): Clicca qui)

Energia da Export

La Sardegna, durante le ore diurne, in presenza di sole e vento, riesce a soddisfare quasi completamente la propria domanda di elettricità attraverso fonti di energia rinnovabili. Sempre più famiglie e aziende stanno inoltre installando pannelli solari e piccole turbine eoliche sui propri tetti, sia residenziali che commerciali. Questo trend in continua crescita, nel corso degli anni, porterà un numero sempre maggiore di cittadini sardi a diventare quasi completamente autosufficienti in termini energetici, quando le condizioni climatiche lo permetteranno.

La Sardegna, con una popolazione di poco superiore al milione e mezzo di abitanti, si trova a fronteggiare una situazione in cui, qualora venissero realizzati impianti eolici in quantità eccessiva, una quota significativa dell’energia prodotta non sarebbe destinata a soddisfare i fabbisogni energetici locali. Tale energia, infatti, verrebbe trasferita verso la penisola italiana per alimentare il mercato energetico nazionale, configurando la Sardegna come una delle regioni maggiormente esposte agli impatti negativi, più che alle ricadute positive.

Si pone, dunque, una questione di governance che travalica la sola tutela territoriale, estendendosi alla gestione complessiva del fenomeno. Questo tema, attualmente oggetto di sviluppi normativi e accesi dibattiti, richiede un approccio integrato e lungimirante per bilanciare le esigenze energetiche nazionali con la salvaguardia ambientale e socio-economica del territorio sardo.

Chi si cela dietro la presentazione di tali impianti?

Un’analisi approfondita dei progetti in esame rivela che una parte rilevante di essi è stata presentata da società costituite di recente, caratterizzate da un capitale sociale estremamente esiguo, spesso non superiore a 10.000 euro e, nei casi più favorevoli, appena pari a 150.000 euro. Tali cifre, inadeguate a fornire una solida garanzia di affidabilità finanziaria, sollevano preoccupazioni circa la sostenibilità e la serietà dei soggetti richiedenti sugli investimenti proposti.

Inoltre, risulta complesso individuare con chiarezza i proprietari effettivi di tali società, i quali spesso risiedono in Paesi extra-UE come Singapore, New York, e simili. Tali società sono inoltre collegate a multinazionali straniere con un interesse preminente nella ricerca di profitto e speculazione finanziaria. Questa situazione suscita dubbi legittimi sul reale interesse verso una transizione ecologica e sostenibile. 

Pare il ripetersi di avvenimenti storici: nel XIX secolo, l’utilizzo del carbone e della legna divenne essenziale per l’industria, e gli industriali piemontesi intrapresero un massiccio disboscamento della Sardegna, lasciando l’isola con un territorio irrimediabilmente degradato. Come scriveva Giuseppe Dessì nel suo romanzo Paese d’ombre: “La salvaguardia delle foreste sarde non interessava ai governi piemontesi, la Sardegna continuava ad essere tenuta nel conto di una colonia da sfruttare, specialmente dopo l’unificazione del regno”. 

Il disboscamento massivo avvenne sotto gli occhi dei sardi, che, purtroppo, non opposero una resistenza sufficiente, permettendo ai piemontesi di sfruttare il territorio per una somma esigua. “A un popolo in ginocchio anche questi pochi soldi paiono la salvezza” scriveva Antonio Gramsci

Oggi, la Sardegna si trova di nuovo a dover affrontare il rischio di un nuovo sfruttamento delle risorse naturali.

(Esempio societario: Osservazioni parco eolico Orgosolo-Oliena Clicca qui)

Einstein Telescope, un progetto a rischio

Il Telescopio Einstein (Einstein Telescope, o ET) è un ambizioso progetto di rilevazione delle onde gravitazionali di terza generazione, attualmente in fase di studio da parte di enti scientifici europei. Con un volume d’investimenti che supera i 4,5 miliardi di euro, il progetto prevede la creazione di circa 36.000 posti di lavoro nei prossimi nove anni e avrà importanti ricadute industriali, in particolare nei settori della meccanica di precisione, della sicurezza degli impianti e dell’automazione.

La Sardegna è una delle potenziali sedi per questo rilevante progetto, data la sua bassa sismicità, che la rende particolarmente adatta. La realizzazione del Telescopio Einstein in Sardegna potrebbe portare all’isola un’attenzione internazionale da parte di scienziati, ricercatori e finanziatori, nonché un nuovo prestigioso ruolo nel panorama scientifico globale.

Tuttavia, come sottolineato dal presidente dell’Istituto Italiano di Geofisica, Carlo Doglioni, la realizzazione di parchi eolici in Sardegna potrebbe compromettere gravemente il progetto del Telescopio Einstein. Secondo Doglioni: «Le pale eoliche sarebbero una rovina per l’Einstein telescope» e «Comprometterebbero le motivazioni che hanno portato alla scelta del sito»

Altri modelli Europei: Germania e Danimarca

Germania:
Il ministro federale dell’economia Habeck ha spiegato che l’obiettivo generale per la Germania è destinare il due per cento del territorio per l’espansione delle energie rinnovabili. Lo dividono equamente a livello regionale, tenendo conto delle condizioni del vento, della protezione della natura e delle specie, e delle disposizioni spaziali. Spetta ai “Länder” (ossia le regioni) decidere come raggiungere i propri obiettivi di zona.

Il provvedimento obbliga sostanzialmente ogni Länder a rendere disponibile dall’1,8 al 2,2% della loro superficie territoriale per nuove turbine entro la fine del 2032. Le città-stato – ossia Amburgo, Brema, e Berlino – dovranno invece identificare lo 0,5 per cento del loro suolo. 

Una scelta che spetta dunque alle regioni, ai territori locali, che possono in tutta libertà individuare alcune zone da destinare alle rinnovabili.

Lemke, ministro dell’ambiente, ha anche specificato che: “Con le modifiche alla legge federale sulla conservazione della natura, stiamo consentendo procedure più rigorose, rapide e giuridicamente sicure per l’espansione dell’energia eolica. Allo stesso tempo, manteniamo elevati standard di protezione ecologica e forniamo supporto a lungo termine alle specie in via di estinzione attraverso un nuovo programma di aiuti. Quindi stiamo mettendo insieme due obiettivi”.

Danimarca:
Gare pubbliche e sistema competitivo: In Danimarca, il settore eolico è sviluppato tramite gare d’appalto pubbliche molto competitive, che consentono di selezionare i progetti più efficienti.
Partecipazione comunitaria: Il modello danese favorisce la costituzione di cooperative locali o la partecipazione diretta dei cittadini nei progetti eolici, che possono acquistare una quota del parco eolico, in modo che le comunità possano beneficiarne anche economicamente.
Equità nella distribuzione: Grazie a norme chiare e criteri di assegnazione che includono la localizzazione e il coinvolgimento delle amministrazioni locali, i profitti vengono in parte destinati allo sviluppo territoriale e a iniziative sociali.

Proposte e conclusioni

In conclusione, è possibile affermare che il problema non risiede nell’energia eolica in sé, la quale, insieme ad altre fonti rinnovabili, rappresenta una valida soluzione nel processo di decarbonizzazione. Tuttavia, il nodo critico risiede nel modo in cui tale sviluppo viene attualmente implementato. La mancanza di un quadro normativo adeguato e di criteri di regolamentazione rigorosi costituisce un ostacolo significativo, che rischia di compromettere la sostenibilità e l’efficacia degli interventi in questo settore.

Per arginare la dilagante speculazione, caratterizzata dalla proliferazione di progetti presentati da società a responsabilità limitata neocostituite (molte delle quali risultano inattive), con proprietari effettivi spesso non identificabili e dotate di un capitale sociale inadeguato a garantire solidità finanziaria, si propone l’introduzione di una fideiussione bancaria obbligatoria come requisito indispensabile per la presentazione dei progetti. Tale garanzia dovrebbe estendersi per l’intera durata del ciclo di vita del progetto, coprendo le fasi che vanno dagli studi preliminari fino allo smantellamento dell’impianto e alla bonifica del sito.

In tal modo, la presentazione di nuovi progetti sarebbe subordinata alla presenza di una solida copertura finanziaria, garantendo la tutela dell’interesse pubblico e dell’ambiente. Questo meccanismo disincentiverebbe iniziative prive di fondamenta economiche robuste, favorendo invece le realtà imprenditoriali genuine, intenzionate a contribuire alla transizione energetica in maniera etica e responsabile.

Per garantire la “pubblica utilità” e contrastare efficacemente la speculazione, sarebbe auspicabile l’introduzione di gare d’appalto pubbliche, in linea con quanto già avviene nella maggior parte dei contesti europei. Tale approccio assicurerebbe trasparenza e competitività sia nella progettazione che nella realizzazione degli impianti, prevedendo una selezione preliminare dei progetti più meritevoli. Potrebbero essere attribuiti punteggi in base a criteri quali l’impatto ambientale minimo, l’innovazione tecnologica, e il contributo alle ricadute socio-economiche locali.

Questa procedura promuoverebbe la fiducia pubblica, l’equità e pari opportunità per tutte le aziende, incentivando una concorrenza leale. Inoltre, la selezione tramite gare competitive favorirebbe non solo l’individuazione dei siti più idonei, ma anche l’adozione delle tecnologie più efficienti, ottimizzando così l’intero processo di sviluppo.

Attualmente, in Sardegna, le multinazionali, operando spesso attraverso società collegate, quali “soggetti proponenti” ai sensi della normativa vigente, hanno avuto la facoltà di identificare e proporre i siti per l’installazione di centinaia di aerogeneratori. Gli enti pubblici si limitano a concedere o negare le autorizzazioni, ma la decisione preliminare sull’individuazione dei luoghi resta appannaggio di realtà private, piuttosto che pubbliche.

Sarebbe altamente auspicabile che anche in Italia si adottasse un modello simile a quello di altre realtà europee, in cui tutte le regioni contribuiscono alla produzione energetica nazionale in base ai consumi energetici e promuovendo, al contempo, il risparmio energetico secondo il principio dell’Energy Efficiency First (EEF1).

La Sardegna, attraverso un dialogo costruttivo con la popolazione, le amministrazioni locali e le associazioni, potrebbe facilmente individuare aree già compromesse sia a livello ambientale che paesaggistico, idonee allo sviluppo di progetti rinnovabili. Questo approccio garantirebbe una maggiore tutela del territorio e una partecipazione attiva della comunità nel processo decisionale.

In conclusione possiamo affermare che le fonti rinnovabili ed ecosostenibili sono la strada da percorrere, ma nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio.

È fondamentale considerare l’intero spettro delle tecnologie rinnovabili attualmente disponibili, con particolare attenzione a quelle più avanzate, efficienti e a basso impatto ambientale. È significativo notare che le grandi aziende spesso necessitano di commercializzare prodotti realizzati su larga scala, con conseguenti giacenze che richiedono sbocchi di mercato.

La scelta di impianti che invece rispettino le peculiarità del territorio sardo è imperativa. Il paesaggio, i beni ambientali e culturali, e la biodiversità rappresentano un patrimonio inestimabile, privo di un valore monetario quantificabile, la cui conservazione deve costituire una priorità assoluta e irrinunciabile(Ad esempio, per la produzione di energia dal vento, non esistono solo gli aerogeneratori ad asse orizzontale! Approfondisci qui: Eolico – Alcune Alternative)

Per quanto riguarda l’eolico offshore, è opportuno sottolineare che aerogeneratori con altezze superiori ai 270 metri potrebbero risultare visibili dalla costa fino a una distanza di 60 chilometri, ben oltre i 20-25 chilometri previsti nella maggior parte dei progetti attuali. Pertanto, si propone l’installazione di tali impianti oltre le 25 miglia nautiche dalla costa, ossia a una distanza superiore ai 40 o 50 chilometri.

Tuttavia, la mera invisibilità degli impianti non è ovviamente sufficiente a escludere potenziali impatti negativi. È quindi essenziale condurre studi preliminari approfonditi indipendenti per valutare gli effetti sugli ecosistemi marini, sulla fauna, sulla biodiversità locale, nonché sull’economia e sulle attività di pesca. Tali accorgimenti permetterebbero di minimizzare le ripercussioni sulla fauna marina e sulla biodiversità, di preservare le dinamiche economiche locali e di tutelare il paesaggio costiero tipico della regione.

Riteniamo necessario stabilire un limite percentuale all’utilizzo del territorio regionale destinato all’installazione dei suddetti progetti, in linea con quanto già adottato in altri modelli europei. Inoltre, i siti e le aree destinate all’installazione degli impianti non devono essere proposti da multinazionali o società speculative, bensì dagli enti locali, attraverso studi specifici. Questo approccio garantirebbe una pianificazione più equilibrata e sostenibile, rispettosa delle peculiarità territoriali e delle esigenze delle comunità locali, preservando al contempo l’integrità ambientale e paesaggistica del territorio

La Sardegna ha già subito pesanti trasformazioni territoriali e gravi danni ambientali, sia in siti attivi, come i poligoni interforze di Capo Frasca, Capo Teulada, Quirra, e la più grande raffineria d’Europa, sia in aree dismesse, come Eurallumina e Alcoa di Portovesme, con il persistente problema dei fanghi rossi. L’installazione di impianti senza un criterio adeguato, aggraverebbe il debito ambientale della regione.

L’attuale criticità risiede nel fatto che, in tali condizioni e in assenza di una governance chiara, la Sardegna rischia di diventare una delle regioni bersaglio di una produzione in-sostenibile, compromettendo irreversibilmente il proprio delicato e unico ecosistema. Questo scenario potrebbe comportare il sacrificio definitivo di un ambiente fragile e insostituibile, mettendo a repentaglio il suo valore ecologico e paesaggistico.

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FAQ - Domande comuni e risposte

Non volete l’eolico, non volete le rinnovabili! Preferite il carbone?

Assolutamente No! Le fonti rinnovabili ed ecosostenibili sono la strada da percorrere, ma nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio sardo, unico in tutto il mondo. Il problema attuale è che la Sardegna, in queste condizioni, sarebbe destinata a farsi carico della produzione energetica nazionale, sacrificando per sempre il proprio paesaggio. Attualmente in Sardegna sono state le Multinazionali a decidere e proporre i luoghi e i territori dove installare le centinaia di pale eoliche per generare elettricità per le altre regioni.  Sono invece i territori locali che possono individuare facilmente tutte quelle aree, ormai compromesse sia a livello ambientale che a livello paesaggistico, adatte a progetti rinnovabili.  Ti riportiamo alle proposte [Clicca qui]

Le pale eoliche in mare sono distanti, non si vedono.

Questa è una delle fake-news più comuni che circolano. Le pale eoliche sarebbero ben visibili!

Si consideri l’altezza di una persona media ≈ 1,70m e l’altezza dei singoli aerogeneratori ≈ 268m
Si utilizza la seguente formula: :
D(Km)<3,57×( √(h persona (m) )+√(h aerogeneratore (m) ) )
D(Km)<3,57×( √1,70m+√268m ) –> D(Km)< 63,10 Km

Risultato: Una persona di altezza 1,70m, posta in riva al mare, vedrà gli aerogeneratori a meno che questi non si trovino ad una distanza di almeno 63km, ben lontani dai circa 20/25km previsti nei progetti. 
Gli impianti sarebbero perfettamente visibili dalle coste più belle e incontaminate della Sardegna.

Per questo in Nord Europa tantissimi impianti si trovano ad oltre 100 km dalla costa.

Stiamo vivendo una crisi energetica, questi impianti possono abbassare le bollette?

Attualmente la Sardegna produce molta più elettricità di quella che consuma e, nonostante questo, le famiglie Sarde sono quelle che pagano di più in bolletta di tutta Italia. Non c’è alcuna correlazione tra questi nuovi impianti e il costo in bolletta. La Sardegna produce già di più.

Dovremmo sfruttare le risorse che abbiamo, ad esempio il vento.

Nessuno lo mette in dubbio, la Sardegna deve sfruttare le proprie risorse energetiche, ma gli impianti devono essere fatti nei posti opportuni e in rapporto all’energia che consumiamo. Sarebbe invece molto bello sfruttare e valorizzare anche l’ambiente e il paesaggio incontaminato che abbiamo, unico in tutto il mondo!

Con questi impianti si creerebbero tanti posti di lavoro, l’economia sarda potrebbe crescere?

I progetti sono portati avanti da Multinazionali miliardarie, molte delle quali hanno sede negli Stati Uniti o in Spagna. Sono aziende enormi che hanno già i propri dipendenti e il proprio personale altamente specializzato. Inoltre, tantissimi dei progetti presentati provengono da Srl neocostituite e con capitale irrisorio, frutto della speculazione in atto.

L’Einstein Telescope, progetto unico internazionale che porterebbe in Sardegna l’attenzione di tutto il mondo, ha un volume d’investimenti da oltre 4,5 miliardi, 36mila posti di lavoro e ricadute positive sull’intero territorio regionale. L’Eolico, fatto in questo modo, comprometterebbe la candidatura della Sardegna.

Siete per le rinnovabili, per il fotovoltaico, per l’eolico, ma a casa degli altri!

Assolutamente No. L’eolico è già utilizzato ampiamente in Sardegna da diverso tempo e lo stesso vale per le altre fonti rinnovabili. Il parco eolico più grande d’Italia si trova in Sardegna! Noi auspichiamo che, tutte le regioni italiane concorrano in rapporto ai consumi alla produzione energetica nazionale, individuando le aree più consone per l’installazione degli impianti. [Clicca qui]