Vecchie cronache del 1902
«A Nuoro sono già incominciate le feste: i sassaresi non si possono più contare e figuratevi che certi momenti ci sembra di passeggiare in codesta città.
Il 5 agosto alle ore 10, con l’intervento delle autorità civili e militari, ebbe luogo l’apertura dell’Esposizione.
Il sesso gentile v’era largamente rappresentato da una eletta schiera di vezzose signore e signorine.
Intervenne anche l’illustre e forte scultore Vincenzo Jerace, autore del grandioso monumento al Redentore, e nostro ospite gradito ed invidiabile.
Il gran padiglione dell’Esposizione, sorto quasi per incanto in breve tempo a un lato della piazza d’Armi, è un’opera pregevole ed elegante.
I lavori donneschi d’ogni genere posti in mostra, sono in complesso molto belli e lavorati con finezza.
Vi si ammirano dei veri capolavori dell’arte D’Ararne, insuperabili per le più lievi sfumature e delicatezze di colori; degli accurati lavori a traforo e mocramè, dei ninnoli e un’infinità d’altri lavori artistici.
Ricchissima poi la mostra dei liquori, dei formaggi, dell’olio e dei dolci.
L’Esposizione resta permanentemente aperta per tutto il tempo delle
feste, e un’orchestra di valenti professori eseguirà molti pezzi musicali».
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«La città è imbandierata e animatissima: allo sbocco di ogni via sorgono degli archi trionfali e molti tratti di strada sono trasformati in boschetti all’ombra dei quali si vedono dei caffè dove si bene e si mangia allegramente.
Ovunque insomma regna un’allegria pazza e sfrenata.
L’illuminazione poi alla Fantapiè e d’un effetto veramente fantastico e sorprendente: il lungo e spazioso corso Garibaldi appare come un’immensa galleria luminosa.
L’Esposizione, il festival, il monumento al Redentore, la fiera ecc. sono visitati continuamente da numerosi forestieri, che continuano ad arrivare.
Stamane 8 agosto alle dieci, nel palco eretto in piazza Mazzini il Comitato, alla presenza del sottoprefetto, del sindaco e di altre autorità, lesse l’assegnazione dei premi e delle onorificenze.
Nel resto della giornata fu un continuo viavai ai locali della mostra per cui era adibita la casa ancora in costruzione della Società Operaia, e tutti ne ripartivano molto soddisfatti, perché vedevano che il produttore nostro cominciava a vincere quella timidità, a farsi una «reclame», che è il coefficiente migliore del commercio.
Nella mostra dei prodotti spiccavano gli oli dei signori Sebastiano Serra, Francesco Pirari, Costantino Dessolis, Nicolò Ortu e Rachisio Zolo; i vini di Gavino Puzzu, Giovanni Secchi Costa, Sebastiano Pirari (che espose pure una buona quantità di miele), Manca Floris Salvatore, Salvatore Salis Carrus e di Salvatore Costa; i formaggi di Sebastiano Pirari, che, ne espose per oltre 13 quintali, di Giuseppe Sirca, Nicolò Ortu, Mereu Manca Francesco; le aranciate ed i biscotti di Giuseppe Deffenu; l’orbace e le tele di Rosa Serra, oltre a un gran numero di bisaccie, di lenzuola ricamate, di camicie, di «zipponi» alla nuorese, bambole vestite in costume ecc.
Nei lavori di addobbo si spesero più di mille lire; 1200 metri di stoffa furono impiegati nel padiglione che serviva da tetto perché questo non ancora costrutto nella casa della società operaia.
All’ingresso della sala (il buffet del sig. Giuseppe Deffenu, presidente della società, trovava sistemazione in un vicino sottoscala) ed all’interno sorgevano delle piante di elee e di quercie le cui foglie cominciavano ad avvizzire.
Nelle vicinanze della casa e dentro la tanca del farmacista Tommaso Floris, nel pomeriggio, s’impiantarono gli apparecchi per i fuochi artificiali.
Alle 22,30, appena finì il concerto della banda musicale, tutto il popolo si riversò nella piazza del giardino pubblico per ammirare i fuochi; quando questi erano alla fine, verso mezzanotte, scoppiò un improvviso incendio che avvolse il padiglione della Casa Operaia.
In meno di dieci minuti fu tutto ridotto in cenere; la folla di oltre 10 mila persone, fu presa dal panico e malgrado l’opposizione dei carabinieri, voleva assolutamente penetrare nel locale incendiato, per tentare il salvataggio degli oggetti esposti.
Moltissimi quadri antichi di grande valore andarono distrutti: lo stesso destino toccò ai prodotti artistici, diligentemente esposti.
Nel luogo del disastro erano presenti il sottoprefetto cav. Valle, il sindaco avv. Giacinto Satta, l’ispettore delle guardie urbane Ballerò, il delegato Palazzi (che ebbe il fuoco ai calzoni), ufficiali dei carabinieri e diversi militari».
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«Le Feste del Cristo sono dunque finite ieri e sono finite nel modo doloroso, a causa dell’incendio all’Esposizione.
La città è oggi impressionata, triste per la sventura che l’ha colpita.
Intanto si è svolto il pellegrinaggio clericale guidato da mons. Balestra.
Il colpo d’occhio che presentava il dintorno della Statua era imponente;
si confondevano e si agitavano i diversi costumi della Sardegna e che frammisti alle toillettes dai colori smaglianti delle innumerevoli signore e signorine davano al panorama un aspetto veramente pittoresco.
Vicino alla chiesuola erano costruite moltissime baracche dei rivenditori: ovunque v’erano voci, musiche, sinfonie, canti che suonavano a tratti, che fondendosi fra di loro, facevano più alto e più solenne l’ambiente, più maliosa la poesia della montagna.
Come sono belli quei momenti passati sotto cieli azzurri e liberi, in un ambiente purificato, in una solitudine che non ha tristezze tra le secolari piante, lassù, ove non giunge l’eco cattivo della tragedia umana, ove i deliziosi paesaggi e la vergine bellezza non sono contaminati da tradimenti nè da dolori: lassù si sogna, si spera; e la vita è sopportabile, perché vibra in un ambiente puro.
Le giornate trascorsero tra l’allegria di tutti i festaiuoli.
Il Comitato non ha dato l’annunziatovi banchetto perché non si è riusciti a raggranellare una o due dozzine di adesioni».
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